L'opera
L’Usignolo della Chiesa Cattolica venne pubblicato da Longanesi nel 1958, ma comprende testi composti tra il 1943 e il 1949. Il volume costituisce la prima produzione di Pasolini in lingua italiana e raccolse, ancora inedito, i favori di Gianfranco Contini – che lo candidò al Premio Libera Stampa di Lugano nel 1946 – e di Vittorio Sereni – che cercò per tre anni di farlo rientrare nello “Specchio” di Mondadori, senza però riuscirci. Raggiunto un accordo con Longanesi, la pubblicazione dell’opera slittò ulteriormente per l’opposizione di Garzanti, divenuto frattanto l’editore di riferimento del poeta.
Nei dieci anni che separarono la composizione dalla pubblicazione, Pasolini rivide e modificò la struttura della raccolta numerose volte, assegnandole infine la funzione di ricostruzione del proprio percorso poetico giovanile. Ogni lirica infatti è accompagnata da una data, volta ad attribuire un preciso riferimento temporale ad ogni esperienza. Il carattere prettamente intimista dei componimenti si scontra con il nuovo cammino intrapreso dallo scrittore, caratterizzato dall’impegno politico-civile e contribuisce a ribadire il «dualismo inconciliabile interno alla propria personalità» (Bazzocchi, 203). L’opera nel suo complesso propone il conflitto interiore che agita il poeta attraverso i modi di una sacra rappresentazione. L’usignolo del titolo richiama quello delle poesie provenzali che, in questo caso, si fa cantore delle tentazioni maligne, le quali nel contesto liturgico si acuiscono, erotizzandosi e toccando vertici di una sensualità a metà tra l’angelico e il demoniaco.
È lo stesso poeta a offrire una descrizione del volume, rispondendo polemicamente a Carlo Salinari dalle colonne della rivista «Tempo». La religione del mio tempo si discosta da Le ceneri di Gramsci in quanto «esprime la crisi degli anni sessanta [. . . ] La sirena neo-capitalistica da una parte, la desistenza rivoluzionaria dall'altra: e il vuoto, il terribile vuoto esistenziale che ne consegue». Infatti, al centro della raccolta non si trova più il sottoproletariato e, dopo un’iniziale immersione nel mondo popolare, il poeta passa a indagare il dramma interiore dell’ambiente borghese a contatto con gli elementi della natura. Inoltre, dalla preponderanza dell’olfatto, senso principe nella descrizione degli ambienti popolari, si passa al predominio delle sensazioni visive, che «riducono cose e paesaggi a un ammasso di macerie incorporee» (Bazzocchi, 162).